Considerazioni in merito alla Relazione IARC sulla cancerogenicità da consumo di carne rossa

Considerazioni in merito alla Relazione IARC sulla cancerogenicità da consumo di carne rossa

 

Di recente, lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), composto da 22 esperti provenienti da 10 Paesi diversi, riunitasi a Lione, ha terminato l’analisi di circa 800 lavori scientifici internazionali relativi alla cancerogenicità del consumo delle carni. Nello specifico, 400 studi riguardavano le carni lavorate mentre circa 700 prendevano in esame la carne rossa.

In tale occasione, non è stato preso in esame la relazione tra questa problematica ed il consumo di carne di pollo o di pesce.

L’opportunità di dare questa risposta scientifica nasceva dalla constatazione di come nel mondo vi sia un consumo sempre maggiore di carne in particolare nei paesi in via di sviluppo.

COSA?

Gli esperti hanno concluso i loro lavori sostenendo come vi siano prove sufficienti (sufficient evidence) per affermare che le carni lavorate (processed meat) possano essere in relazione con lo sviluppo di tumore al tratto colon rettale dell’intestino. Di conseguenza, lo IARC ha stabilito come tale tipologia di alimenti vadano inclusi nel Gruppo 1 (assieme ad altri 113 agenti, tra cui il fumo di tabacco).

Per carni lavorate si devono intendere tutti quegli alimenti composti da carni di varia origine (maiale, bovini, pollo) che subiscono processi di trasformazione (salatura, affumicatura, essicazione, fermentazione e trattate con conservanti e altri composti chimici). A titolo di esempio, nel rapporto si citano hotdogs, salsiccie, insaccati, carni in scatola, preparati e salse.

La stessa commissione scrive esplicitamente, però, che una cosa è parlare di nesso causale tra un agente ed una patologia, altro è assegnare il livello di rischio. Quindi, conclude che non (NOT è scritto appunto in grassetto) significa che le carni lavorate siano ugualmente pericolose come il fumo del tabacco o l’amianto!

Per quanto riguarda le carni rosse (muscoli di bovino, vitello, maiale, agnello, cavallo e pecora), gli studi effettuati non danno una associazione positiva (limited evidence), per concludere che vi sia una concausa certa tra il mangiare carne rossa e il possibile sviluppo del tumore al tratto colon rettale dell’intestino. Pertanto alle carni rosse viene assegnata l’appartenenza al Gruppo 2A assieme a rispettivamente 66 e 285 altri agenti esaminati.

Inoltre lo IARC afferma che non vi è nesso tra consumo di carni lavorate con lo sviluppo di tumore allo stomaco; parla di necessità di altri studi per approfondire la eventuale correlazione del consumo alimentare di carne con altri tumore (pancreas e prostata).

COME?

In realtà, rimangono dubbi sul processo per cui le carni lavorate possano essere cancerogene.

Si ipotizza come vi possano essere all’interno delle carni lavorate sostanze chimiche che durante la cottura diano luogo allo sviluppo di composti patologici. In particolare si mettono all’indice i metodi di cottura con alte temperature (si citano quelli che prevedono un diretto contatto con la fiamma, con superfici arroventate, barbecue o padelle).

QUANTO?

Gli scienziati hanno cercato di valutare quanti potrebbero essere i casi di morte legati al cancro colon rettale che ogni anno si registrano in tutto il mondo attribuibili al consumo delle carni lavorate. Basandosi su stime del Global Burden of Disease Project, essi concludono dando un valore di circa 34.000. Questi numeri, aggiungono, contrastano col milione di casi di morte legati al fumo di tabacco, ai 600.000 legati al consumo di alcool e ai 200.000 legati al respirare pulviscolo dall’aria.

Si è cercato anche di dare una dimensione alla relazione tra la quantità di carne lavorata ingerita al giorno ed il rischio d’insorgenza della problematica in esame.

Gli esperti hanno concluso il loro summit affermando che mangiare 50 grammi di carne lavorata al dì innalza la soglia del rischio del 18% mentre, per il consumo della carne rossa, fare una stima è difficile. Si arriva ad ipotizzare (suggest) che il rischio possa innalzarsi del 17% nel caso di un consumo giornaliero di 100 grammi.

Non sono stati in grado di stabilire se vi siano gruppi di persone più a rischio tra bambini ed anziani o tra uomini e donne.

COSA FARE?

In conclusione, si chiede il report di IARC, dobbiamo fermarci nel mangiare proteina animale?

La risposta inizia affermando che il mangiare carne ha molti benefici per la salute ben conosciuti. Gli scienziati ricordano che un eccesso di tale alimento, casomai, può portare ad un aumento di rischi per la salute sotto forma di altre patologie (malattie cardiovascolari, obesità e diabete).

Viene ricordata la raccomandazione fatta dal WHO già nel 2002 su una assunzione moderata di carne per ridurre il livello di grassi e di sodio.

Interessante come lo IARC scriva esplicitamente che non è possibile affermare che mangiare vegetariano sia una scelta migliore (Vegetarian diets and diets that includede meat have different advantages and disadvantages for health).

CONCLUSIONI PERSONALI

Da addetto ai lavori mi permetto modestamente di aggiungere alcune mie considerazioni.

Innanzitutto in Italia il consumo di carne è minore rispetto a molte altre parti del mondo (Sud America e USA, ad esempio). Ci si è stabilizzati da anni su consumi annui di circa 37 kg di carne suina (compresi gli insaccati) pro capite, 22 kg circa di carne bovina, 18 kg di carne avicola a cui vanno aggiunti qualche kg all’anno di altre carni (ovini, caprini, conigli e selvaggina, cavallo).

Inoltre, sono certo nell’affermare come la Filiera italiana non tema confronti con nessuna altra a livello mondiale in termini di sistemi di allevamento mirati a salvaguardare la salute degli animali, il loro benessere, la qualità degli alimenti somministrati, l’assistenza sanitaria sugli animali in vita ed il controllo igienico sanitario in tutte le fasi successive prima della messa in vendita.

Non va dimenticato come la tradizione italiana ci ha fatto sviluppare una cura ed una professionalità nel trattamento delle carcasse invidiate da tutto il mondo. Aspetti tecnici nella preparazione di insaccati, la frollatura delle carcasse per una naturale maturazione senza ricorsi a metodi più veloci abbinate alla straordinaria cultura gastronomica di chi sta dietro i fornelli ci mette in una posizione molto diversa dal resto del mondo!

Dispiace assistere per l’ennesima volta in Italia al riscontro di come si approfitti di ogni occasione (studi scientifici, annunci di pandemie, bufale mediatiche) per dare informazioni volutamente confuse, in modo chiassoso, travolgendo tutto il nostro sapere, il nostro modo di lavorare e, perché no, i nostri interessi commerciali con la stessa facilità con cui un bambino soffia bolle di sapone nell’aria!

 

Dr. Luca Cozza

Medico Veterinario

Consigliere ANVAz

IARC – Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat – 26 Oct. 2015

IARC – Q&A on the carcinogenicity of the consumption of red meat and processed meat